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Il ladro di orchidee (2002)

lunedì 22 dicembre 2008

(Adaptation.) - USA - Commedia - 114'
di Spike Jonze

Charlie, in crisi creativa e con sè stesso, ha il compito di adattare un libro per la sceneggiatura di un film.

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Volutamente autoreferenziale, l'autore lo ammette, questa particolare commedia dai toni amari scritta da Charlie Kaufman, già padre nel 1999 di Essere John Malkovich. L'onore, più unico che raro, per uno sceneggiatore di scrivere un film su sè stesso è da attribuirsi alla genialità, indiscutibile, di Kaufman, una botte di ferro che fin'ora non ha sbagliato un colpo e non lo ha fatto sbagliare ai registi che se ne sono avvalsi. Ma è ovvio che in Adaptation. (titolo originale) c'è ben altro, oltre all'autoreferenzialità. E' la storia di un uomo che scrive un film che racconta di come quel film sia stato scritto. Cervellotico, Kaufman, come al solito. Un po' come farsi una fotografia allo specchio, o meglio, come riprendere la tv che, collegata alla videocamera, mostra quello che stiamo riprendendo. E' un film che sembra un libro, si basa in toto sulla sceneggiatura. Fosse stato un libro l'avrei letto volentieri. Come film è difficile giudicarlo, perché in realtà più che un film è un esperimento cine-letterario, ecco. La regia quasi non si nota e con essa tutto ciò che le ruota intorno, montaggio, fotografia, si tiene in disparte per dare spazio alla narrazione che da sola ci regala finezze non da poco. Ma - la domanda è questa - può la sceneggiatura da sola fare un film? Forse no però, qualunque cosa sia, val bene una visione.

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Dimmi che film guardi e ti dirò chi sei

domenica 21 dicembre 2008

21 Novembre 2008. Intervista di Daria Bignardi al Ministro della Repubblica Mara Carfagna.

Bignardi: "Al cinema meglio Nanni Moretti o Massimo Boldi?"
Carfagna: (senza esitare) "Massimo Boldi."
Bignardi: (incredula) "Meglio Boldi di Moretti?"
Carfagna: "Sì sì, almeno Boldi fa ridere." Leggi tutto...

L'eterna idiozia dei senza cervello



Io mi immagino un ufficio di Milano dove sono sedute tre o quattro persone, fra i trenta e i quarant'anni, master in new marketing, che nella loro vita non hanno mai letto un libro che non fosse di Dan Brown e come film giusto un blockbuster alla domenica. Stanno seduti lì mentre sorseggiano il loro caffè lungo - lungo perché fa molto USA - e addentano un ciambellone, e ridendo e cazzeggiando adattano i titoli dei film stranieri in italiano, film che con tutta probabilità non hanno nemmeno visto. Quando dico "adattano" intendo dire che cercano un titolo appetibile per il maggior numero di persone possibile (loro compresi), in un range che vada dal pecoraio abruzzese ad Umberto Eco, con una spiccata propensione per il primo. Ma di corsa però, si capisce, perché tra dieci minuti comincia la riunione per discutere del calo di due punti percentuali sull'indice di gradimento delle tette di Kate Winslet. E' ovvio che tali individui non hanno niente a che vedere col cinema e con la cultura in generale, anzi ne sono l'aberrazione stessa. Ammazza-film per professione e magari lautamente retribuiti per questo.

Ecco alcuni titoli al vaglio della commissione per essere riesaminati:
The Blues Brothers sarà presto "La leggenda di Al, Jack ed Elwood" sulla scia del successo del mitico trio comico italiano. All'osservazione che nel film non esiste un personaggio di nome "Al" rispondono accusandoci di non aver guardato con sufficiente attenzione.
Full Metal Jacket lo conosceremo come "Se mi sfotti ti cancello" per mitigarne le crude scene di violenza, mentre per Philadelphia è già pronto il nuovo titolo "Sesso, droga e kulattoni" con particolare attenzione alla k di kulattoni che, dati alla mano, dovrebbe invogliarne la visione ai più giovani.
E.T. l'extra-terrestre sarà "Scoprendo E.T." dato che il prefisso extra richiama pericolosi argomenti xenofobi. Papabile anche "Mario di Gallarate" per cavalcare la rinnovata corrente nazionalista. Infine La piccola fiammiferaia diventerà "La piccola venditrice di fiammiferi", per via della parola "fiammiferaia" giudicata troppo forbita.

Vi invito a leggere il molto esauriente articolo di Cineroom a riguardo.
I titoli riportati lì sono soltanto dieci e si riferiscono al solo anno 2008. Una piccolissima parte quindi di uno scempio che si perpetua praticamente da sempre.

Per approfondire: There Will Be Blood, un blog a tema sia sugli improbabili titoli italiani che sui validi film non distribuiti in Italia. Leggi tutto...

Ultimatum alla Terra (2008)

sabato 13 dicembre 2008

(The Day the Earth Stood Still) - USA - Fantascienza - 91'
di Scott Derrickson

"Se la Terra muore, tu muori. Se tu muori, la Terra sopravvive."

Una enorme sfera atterra in mezzo al Central Park di New York. A bordo viaggiano un alieno e la sua gigantesca guardia del corpo. Sono venuti per distruggere l'umanità colpevole della progressiva distruzione del pianeta.

La sfera

Quando cominciarono a circolare i commenti di chi aveva visto in anteprima il nuovo Ultimatum alla Terra questi erano pochi ma praticamente unanimi: il film non era piaciuto. Sospettavo però che fossero critiche di "puristi" o fan del film originale del 1951 che si vedevano rubare e snaturare il loro cult - un po' come accadde nel 2005 per La Guerra dei Mondi di Spielberg. Perchè, vuoi un blockbuster dalla trama superficiale, vuoi degli attori poco convincenti, vuoi una regia debole, vuoi tutto questo insieme, ma alla fine è di fantascienza che stiamo parlando e 100 milioni di dollari in effetti speciali del terzo millennio giocano il loro ruolo, in ogni caso.
E invece mi sbagliavo, lo ammetto.
Sceneggiato da tale David Scarpa, che non ha mai scritto altro in vita sua e con un cognome che la dice lunga, e diretto da Scott Derrickson, già regista del mediocre The Exorcism of Emily Rose (2005), questa strana coppia riesce a schifare anche lo spettatore più disilluso che si pone al loro film senza grandi aspettative se non quella di vedere un paio d'ore di sano intrattenimento stile apocalittico.

Ma andiamo con ordine e analizziamo più nel dettaglio di cosa si sta parlando. Cominciamo da Gort, il robot che accompagna Klaatu nel suo viaggio. Nel film del '51 è il protagonista della locandina e nella storia un co-protagonista di grande carisma, benchè non dica una parola. Ora, non so ai tempi, ma vedendo Gort oggi il primo pensiero va al tizio che stava dentro quella pesantissima tuta di gommapiuma compatendone il caldo che doveva soffrire. Sessant'anni dopo era difficile ricreare un robot meno credibile, ed invece Derrickson realizza l'impossibile. Il robot del 2008 lo (intra)vediamo all'inizio in una pessima computer grafica che lo pone alla stregua di un cartone animato e poi per due volte, contate, possiamo ammirarne il busto. Fine.
Ecco, il magnifico personaggio di Gort aveva l'occasione di riprendere di nuovo vita nelle potenzialità dei moderni effetti speciali, essere l'asso nella manica per stupire gli spettatori, e invece la strana coppia non capisce e lo riduce quasi a tappezzeria.

GORT

Gort non è l'unico elemento a risentire della nuova sceneggiatura. Tutto appare piatto e vissuto di fretta. Klaatu non gira tra gli umani per conoscerli e valutarli ma va a zonzo all'interno di un'automobile per tutto il tempo. La scena emblematica del black-out globale si vede che è stata messa lì per forza e ci viene proposta tanto priva di contesto da apparire senza senso. Come anche il professor Barnhardt, personaggio importante nel primo film qui fa una comparsata di due minuti due. Il resto del tempo è dedicato ai continui attacchi militari, unico aspetto che ci si è presi la briga di curare. Il Segretario alla Difesa è infatti l'unico personaggio interessante, una donna (Kathy Bates), che fin da subito predilige l'uso della forza, prima negando all'alieno di parlare all'ONU e poi imbastendo una guerra nella miope convinzione di poter respingere il pericolo come fosse un qualsiasi attacco russo. E' interessante vedere come reagisce il potere costituito ad una simile situazione, un comportamento nel complesso credibile e che riesce a comunicarne il messaggio critico. Per tutto il resto però, buio totale. L'impressione è quella del tentativo di distacco dal primo film, senza però saper riempire i buchi con qualcos'altro.

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Vogliamo parlare degli attori? Keanu Reeves ormai si è cristallizzato in Neo di Matrix. E' sempre lui, lo stesso personaggio che si sposta semplicemente da un film all'altro. Jennifer Connelly insieme a Kathy Bates sono le migliori in campo, ma la sua dottoressa Benson non si discosta purtroppo dallo stereotipo di spalla femminile uguale a quella di altri mille film. Jaden Smith interpreta invece un piccolo bastardello rompiballe. La scelta coraggiosa di rappresentare un bambino difficile si perde nel poco tempo che gli si dedica ed accumula troppo rancore nello spettatore per essere perdonato nella breve catarsi finale.

Dell'ultimatum alla Terra, a dispetto del titolo, non vi è traccia. Klaatu non fa infatti nessun ultimatum, mentre le fantomatiche parole "Klaatu, Barada, Nikto" sono pronunciate come un sibilo, distinguibili solo per chi le conosce già. In compenso egli ha un repentino quanto inspiegabile cambiamento di opinione sulla razza umana. Un minuto prima è intenzionato a sterminarla ed un minuto dopo rischia la vita per salvarla. Nel finale si compie un ulteriore passo nel grottesco concludendo in uno dei modi peggiori che memoria d'uomo ricordi, giusto per non lasciarci nel dubbio di aver visto qualcosa che avesse un minimo di valore. Siamo di fronte infatti ad una enorme e costosissima scatola vuota, sia di contenuti che di intrattenimento. Era difficile, davvero, fare peggio di così.

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K-PAX (2001)

[K-PAX - Da un altro mondo] - (K-PAX) - USA/Ger - Drammatico - 125'
di Iain Softley

Un uomo dichiara di essere un extraterrestre e viene ricoverato in un ospedale psichiatrico. Il dottor Powell si occupa del caso e lentamente si insinua in lui il dubbio che l'uomo non stia mentendo.

Kevin Spacey


Qualche giorno fa mentre guardavo Ultimatum alla Terra del 1951, in attesa di vedere il remake uscito ieri, una scena mi ha ricordato il film del quale sto per parlarvi. In teoria dovrebbe essere il contrario dato che K-PAX è stato girato mezzo secolo dopo. Ma tant'è.

In Ultimatum alla Terra l'alieno Klaatu vuole parlare con un eminente scienziato e come credenziali gli risolve una complicatissima equazione alla quale il luminare stava lavorando da mesi. In K-PAX il sedicente alieno Prot (eh, si chiama così) mostra a degli esìmi ed increduli astronomi le orbite esatte di uno sperdutissimo sistema solare che studiavano senza successo da tempo. K-PAX ha perciò copiato la scena, o perlomeno la funzione della scena nella narrazione ovvero un modo sicuro per farsi credere. Tuttavia in K-PAX essa assume un significato ancora più importante perché il film è incentrato proprio sul dubbio che Prot sia davvero solo un abile mistificatore. E' un dubbio che attanaglia non solo il dr. Powell ma anche lo spettatore più smaliziato. Questa scena rappresenta un punto di svolta in cui non solo si disgrega miseramente lo scetticismo dei dotti ma anche noi che fino a quel momento siamo stati sapientemente tenuti in bilico tra il credo/non credo veniamo finalmente posti di fronte all'evidenza di una conoscenza non umana. Ma lo psichiatra, il medico, l'uomo di scienza non si rassegna, si appiglia a ciò che lui è, alle verità che fino a quel momento riteneva indiscutibili, ed ecco che la storia svolta di nuovo.
Se un film di due ore riesce a tenere viva l'attenzione con questo unico pretesto vuol dire che è stato congegnato bene. D'altronde Ian Softley è lo stesso che quattro anni dopo dirigerà The Skeleton Key, un thriller/horror assolutamente ben fatto e sicuramente originale.

Non siamo però di fronte ad una pellicola priva di difetti. Uno è la lunga scena a casa dello psichiatra, piena oltre misura di miele e buonismo oltre che di stracotti luoghi comuni sulla famiglia americana ed una improbabile conclusione. Ancora più tremenda è la scena dell'ultima seduta di ipnosi, insensata in sè, scritta male e recitata peggio. Elementi che disturbano, devo dire, l'equilibrio del film e lo fanno apparire più convenzionale di quello che è, o avrebbe voluto o potuto essere.

Il finale è il risultato di una indubbia difficoltà a risolvere in modo soddisfacente e non banale l'intera questione e, per quanto non esalti, tutto sommato riesce bene nell'intento.

Insomma K-PAX poteva essere migliore, e dispiace, ma nel complesso il risultato supera la sufficienza e si guadagna il bollino verde.

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Passengers (2008)

mercoledì 10 dicembre 2008

[Passengers - Mistero ad alta quota] - (Passengers) - USA - Thriller - 96'
di Rodrigo Garcia

Un aereo precipita e miracolosamente alcuni passeggeri si salvano. La giovane dottoressa Summers è incaricata dell'assistenza psicologica ai sopravvissuti e durante i colloqui emerge una verità diversa da quella ufficiale della compagnia aerea.

Come rovinare una buona sceneggiatura? Affidandola ad un pessimo regista.
Sì perchè la storia di Passengers di per sè non era male, niente di che, intendiamoci, ma congegnata discretamente, una buona dose di mistero dispensato oculatamente che poteva appagare gli amanti del genere e non solo. Intrighi occulti, gente che scompare e immancabile finale sensazionale erano gli ingredienti giusti per realizzare un qualcosa di soddisfacente e, perchè no, anche di più. Peccato che la regia di Garcia riesca a rovinare tutto ciò che poteva esserci di buono. Le scene sono a livello di telefilm, una su tutte la notte d'amore dei due protagonisti che sembra uscita dalla peggiore finction di Rai1. In generale il film procede piattamente, con sporadici momenti imbarazzanti (vedi la scena sul tetto), trascinandosi verso l'attesissimo colpo di scena che quando finalmente arriva non può che puzzare tremendamente di già visto. Tutto appare fatto male, qualsiasi aspetto è banalizzato, trattato stancamente, e già a metà della visione è la noia a farla da padrona. Avevo riposto molte aspettative in questo film, nonostante le critiche negative che già da parecchio riceveva un po' ovunque. Non sarebbe stata la prima volta che la mia opinione fosse in disaccordo con la critica (de gustibus...). Purtroppo non è questo il caso.

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Bolt (2008)

domenica 7 dicembre 2008

[Bolt - Un eroe a quattro zampe] - (Bolt) - USA - Animazione - 97'
della Walt Disney Picture

Bolt crede di essere un cane dai superpoteri mentre è in realtà la star di una nota serie televisiva. Durante una puntata dello show la sua padroncina Peggy viene rapita e Bolt ignaro che si tratti di finzione scappa per ritrovarla.

I primi 10 minuti sono mozzafiato, una lunga sequenza di ottima azione con tanto di bullet time (alla faccia di Max Payne). Pochi minuti e siamo già stati prepotentemente tirati dentro la storia, per scoprire un attimo dopo che in realtà era tutto finto, semplicemente la scena di un serial. Già questo colpo di scena/spiazzamento iniziale basta a far innalzare la lancetta del gradimento di parecchie tacche. Ma ovviamente la storia è appena iniziata. Bolt è un road movie, in cui Disney si distacca ancora una volta dallo style nouveau della sua Pixar per riprendere le dinamiche narrative disneyane classiche. Parlo di una storia semplice e lineare con degli animali antropomorfi dalla fortissima caratterizzazione che fanno da portante all'intera proiezione. Ed infatti sono loro il vero punto di forza del film, studiati a fondo nella personalità, in un continuo contrasto tra la loro umanità e animalità. Bolt, il cane fedele e coraggioso, doppiato in Italia da un Raoul Bova in gran forma, dovrà affrontare la sfida più ardua: vedersela con sè stesso. La gatta Mittens, furba e materialista, è semplicemente fantastica, anche lei dovrà affrontare il proprio Io e un percorso di cambiamento ed autocoscienza parallelo a quello di Bolt. Il criceto Rhino è la mascotte, elemento ironico del trio, che in realtà fa ridere poco ma è abbastanza isterico da risultare simpatico. Infine gli spassosissimi piccioni, esilaranti, specialmente nelle loro movenze riprodotte in modo geniale, e presentati come riferimento sociale dei luoghi che visiteranno i nostri eroi. La grafica è quella già vista ne Gli Incredibili, un po' grezza ma che non si prende troppo sul serio e col suo tono caricaturale risulta gradevole fin da subito. Il messaggio di fondo è invece inverso ma complementare in quanto l'accento è posto sull'accettazione, piuttosto che sull'affermazione, di sè stessi.

La critica un po' unanime di essere rivolto più dichiaratamente ai bambini, rispetto alle recenti produzioni Disney/Pixar, la trovo pertiente fino ad un certo punto, e la quasi totale assenza di musiche è secondo me la prova più lampante del contrario. E' indubbio comunque che anche gli adulti possano godersi questo film e trarne anche loro qualche insegnamento.

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Max Payne (2008)

venerdì 5 dicembre 2008

USA - Azione - 110'
di John Moore

A tre anni dall'omicidio della moglie e della figlia, detective della polizia continua a cercarne il colpevole per ottenere la sua vendetta.

Tratto dall'omonimo, famoso videogioco, Max Payne dovrebbe essere un film d'azione, ma che di azione, ahiloro, ne ha davvero poca. Interpretato da un Mark Wahlberg ai minimi storici, Payne risulta un personaggio piatto e monocorde che si trascina pesantemente all'interno di una storia lenta e confusa, con lunghi, lunghissimi tempi morti allo scopo di trovare il bandolo di una matassa ben chiara sin dall'inizio, per giungere poi ad un vergognoso finale aperto che prelude addirittura ad un secondo capitolo! Una sceneggiatura scritta coi piedi e nel complesso un film diretto allo stesso modo danno l'impressione che qualcuno si sia adagiato sugli allori del prestigioso brand senza curarsi un minimo dei contenuti e della confezione. Non ho mai giocato al videogame ma sono libero da qualsiasi pregiudizio quando affermo che Max Payne è un film pessimo, il peggiore che abbia visto quest'anno e tra i più inutili di sempre.

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